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Wonton (CHIUSO)

Via Panfilo Castaldi 21, l’insegna appena affissa recita Wonton. Una grande porta a vetro riporta due maniglie a motivo asiatico. Un ristorante estremamente atteso, che ha aperto i battenti in sordina e che non ha avuto bisogno di pubblicità per farsi notare a Milano. Si tratta del regno dell’anatra alla pechinese.

Wonton è la terza apertura da parte di Agie. Ragazzo prodigio cinese di nascita e Milanese di adozione, non necessita di grandi presentazioni: si tratta infatti del proprietario della celeberrima Ravioleria Sarpi e de Le nove scodelle di viale Monza.

Prima di tutto bisogna sottolineare la gentilezza e la preparazione dello staff, asiatico e italiano: nonostante lo stile minimale dell’ambiente, il personale di sala è perfettamente in grado di mettere i clienti a loro agio e di saperli consigliare in maniera oculata sulle scelte in base al proprio gusto. Lo stesso Agie, presente al locale, non ha mancato di presentarsi e scambiare qualche chiacchiera con noi. Un vero gentiluomo, estremamente professionale, decisamente attento al parere dei clienti.

Ci viene subito portato il menù, un foglio stampato che ha tutta l’aria di essere ancora in divenire. Si tratta di una selezione di piatti piuttosto specifica, frutto di una lunga riflessione e saggia scelta. Ogni preparazione viene curata attentamente e i sapori risultano estremamente morbidi e delicati. Una grande sorpresa questa, che si distanzia enormemente dallo stile culinario cinese piccantissimo molto in voga negli ultimi tempi. Quattro gli antipasti: cetrioli massacrati (con salsa di soia speziata e coriandolo), pollo in salsa verde (olio di zenzero e cipollotto, pepe verde del Sichuan), uovo al tè (marinatura in salsa di soia e foglie di té nero, accompagnamento di vellutata di cavolfiori) e involtino primavera tradizionale — che il commensale prepara da sé direttamente al tavolo, come una volta. Come suggerisce il nome del ristorante, non manca ovviamente la pasta fresca (fatta a mano con farina biologica): goutie (ravioli con ripieno di carne di maiale, cavolo cappuccio e zenzero), ravioli di verdure (ripieno di funghi shiitake freschi, sedano, carote, spaghetti di soia), ravioli di gamberi (ripieno di gamberoni, uova, aglio), riso vegetariano (saltato con taccole, shiitake freschi, pack choi, sfumato con whisky torbato) e spaghetti di Pechino (ragout di pancetta e soia fermentata, verdure di stagione à julienne). Si arriva infine ai piatti principali: melanzane Hong Shao (cotte nel wok con peperoncini e cipollotti), delizia di Buddha (selezione di primizie di stagione dell’orto e tofu affumicato, cottura secondo la tradizione buddista), cha shao (pancetta di maiale marinata in stile cantonese con crosta croccante al miele e spezie, servita con panino al vapore e contorno di verdure di stagione saltate), quaglia stile cantonese (cotta a bassa temperatura, affumicata con foglie di tè, pepe e alloro), gamberi Gong Bao (saltati in wok con salsa agropiccante e nocciole d’Alba tostate). I dolci per adesso sono solo due: una pannacotta dai toni agrumati e un budino allo zenzero. Per ciò che concerne il beverage, vi è una carta dei vini (bottiglia e calice), possibilità di ordinare birra cinese e tè nero o rosso.


Ma il vero motivo della nostra “missione gastronomica” non era solamente quello di gustare un’ottima cena cinese, bensì scoprire la protagonista di questo ristorante: l’anatra alla pechinese. Si tratta di un piatto celeberrimo, simbolo di una Nazione, ben presente nell’immaginario collettivo e di enorme valore culturale. Agie, noto perfezionista, ha sfruttato due anni prima di aprire il suo nuovo locale per studiare e carpire i segreti della preparazione di questo antichissimo piatto. L’anatra laccata era infatti la punta di diamante dei banchetti a corte, un cibo delizioso e raffinato la cui consumazione era negata ai sudditi. La ricetta veniva tramandata oralmente tra generazioni di chef, restando così segreta. Nel 1864 il cuoco Yang Quaren apre a Pechino il ristorante Quanjude; si tratta di un evento incredibilmente importante, che ha fatto la storia. Yang è infatti riconosciuto ancora oggi come il primo grande maestro dell’anatra laccata alla pechinese della storia, colui che per primo ha eliminato la cottura dell’animale nella teglia, introducendo il metodo di cottura con uncino nella gola a sospensione in forno aperto. Ed è proprio a Quanjunde che Youkang Zhou si è recato per scoprire tutti i segreti della prefazione, della cottura e del servizio dell’anatra. Un lavoro complicato, durato quaranta giorni, durante i quali ha instaurato un grande patto di intesa, diplomazia, amicizia e fiducia col cuoco in carica del famoso ristorante di Pechino. Questo perché ancora oggi la ricetta non è scritta, ma frutto di un sapere segreto e tramandato.


La preparazione dell’anatra laccata alla pechinese è lunga e complicata. Questo perché lo chef deve prepararla per tempo, in modo da mantenere la croccantezza della pelle e la morbidezza della carne. Da Wanton è possibile mangiarla solo se ordinata con preavviso e per un minimo di due persone. Proprio lo chef, Alberto De Marchi, non manca di sincerarsi che le sue preparazioni siano di gradimento. Di origine piemontese, egli ha saputo mettere il proprio retaggio gustativo a servizio della cucina cinese e il risultato è qualcosa di molto intrigante e delicato. Contrariamente all’economica scelta che molti ristoratori compiono, ovvero di comprare anatre surgelate di importazione direttamente dalla Cina, da Wonton l’anatra è locale: la preferenza ricade infatti sulle anatre mute piemontesi o le canettes de barberie francesi (alimentate in maniera totalmente vegetale). Le anatre scelte devono avere tra i settanta e i novanta giorni e pesare circa 2 kg. La preparazione parte dalla pulitura a mano della pelle, che successivamente viene scottata: l’anatra viene immersa in acqua bollente e poi gonfiata per insuflaggio d’aria sottopelle. In seguito viene asciugata in celle frigorifero. Questo processo dura ben quarantotto ore e solo dopo è possibile iniziare la cottura. La laccatura che segue la bollitura iniziale è di fondamentale importanza e lo sciroppo è il vero grande segreto dello chef, una sorta di pozione magica la cui composizione non può essere svelata. Da Wonton sappiamo solo che è fatto con acqua e miele di castagno. L’anatra viene poi agganciata al collo in sospensione e cotta in forno per cinquanta minuti. Il risultato è veramente sbalorditivo. Un gusto pieno e delicato, raggiunto senza nemmeno l’aggiunga di sale. L’anatra viene portata al tavolo intera e ripartita al momento. Viene accompagnata con delle sottilissime crepes realizzate artigianalmente, che vanno tenute sul palmo della mano e condite, oltre che con la carne, con cipollotto tagliato sottilissimo, julienne di cetriolo e la salsa tianmianjiang fatta in casa, a base di pasta di fagioli di soia fermentati e olio di sesamo. E quando si pensa di avere terminato un così delizioso piatto, vi è un gradevolissimo gran finale: la carcassa avanzata e riportata in cucina viene tagliata in modo da mantenere i pezzi di carne più morbidi e succosi rimasti attaccati alle ossa. Questi pezzetti vengono così saltati in padella con sale e pepe del Sichuan per poi essere riportati in tavola. Una scelta coraggiosa e autentica, perché bisogna bisogna mangiare direttamente con le mani. Ci si scotta e ci si sporca però, che dire, probabilmente questa è la parte migliore in assoluto. Una esperienza golosa sicuramente da fare e che penso non deluderà di certo.


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Gamberi Gong Bao | © Cookingwiththehamster
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Melanzane Hong Shao | © Cookingwiththehamster
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Ravioli di gamberi | © Cookingwiththehamster
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Edamame mousse | © Cookingwiththehamster
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Pasta sfoglia, foie gras, marmellata di albicocca e vino Passito | © Cookingwiththehamster
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Anatra alla pechinese | © Cookingwiththehamster


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Anatra alla pechinese | © Cookingwiththehamster
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Anatra alla pechinese | © Cookingwiththehamster
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Pannacotta | © Cookingwiththehamster
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Budino allo zenzero | © Cookingwiththehamster

📍 Via Panfilo Castaldi 21, Milano 📞 +39 02 3657 4037 💰 $$$



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