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Nobu: la cultura del cibo giapponese in Occidente

Negli ultimi vent'anni in Italia si è assistito a un cambiamento epocale per quello che riguarda le abitudini alimentari ed il gusto delle persone. A partire dagli anni '00 è infatti diventato normale consumare pesce crudo in grandi quantità e questa pratica è ormai così consolidata che pare sia stato sempre così. La realtà è ovviamente diversa e le vecchie pratiche di consumazione sembrano così lontane nel tempo da apparire mai esistite.

Questa inversione di rotta non è avvenuta per caso ovviamente. Dietro a ogni evoluzione di usi e costumi c'è sempre una spiegazione e, come quasi sempre avviene nel caso italiano, arriva da molto lontano e si è verificata indietro nel tempo.

La massiccia consumazione di sushi nel nostro Paese il merito, in modo particolare, va ad un uomo di cui non si parla praticamente mai ma che è l'artefice di un cambiamento che coinvolge anche il resto del mondo occidentale. Si tratta dello chef giapponese Nobu.

Con l' apertura del suo primo ristorante in Italia nel 2000 e la pubblicazione del ricettario nel 2001, egli ha cambiato le abitudini alimentari di migliaia di persone.

Nobu cookingwiththehamster
Nobu | © loscabos.nobuhotels.com


NOBU

La burrascosa ed incredibile vita di Nobuyuki Matsuhisa iniziò a Saitama nel 1949.

Perse il padre a soli otto anni in un incidente stradale e in seguito fu cacciato da scuola: a diciassette anni fu così costretto a lavorare come lavapiatti al ristorante Matsuei Sushi a Shinjuku.

Lì iniziò la sua formazioni di sushi chef e dopo sette anni fu invitato a trasferirsi in Perù da Luis Matsufuji (un uomo d'affari nippo-peruviano suo conoscente), con la proposta di aprire un ristorante di sushi insieme - in Perù vi era già una grossa comunità di giapponesi emigrati dal XIX secolo.

Nel 1972 si trasferì quindi a Lima dove scoprì una grande varietà di pesci e moltissime spezie. Dopo un brutto litigio col suo socio in affari, Nobu lasciò il locale e andò a Buenos Aires ottenendo un lavoro al ristorante Mikado. In Argentina la situazione era molto difficile, perché le persone preferivano la carne al pesce. Decise così di tornare in Giappone con la moglie e i due figli, senza soldi e senza prospettive. Un suo caro amico in quel periodo gli propose di seguirlo in Alaska, dove voleva aprire un ristorante: gli affari andarono finalmente bene ma, dopo sole due settimane dall'apertura, il locale andò a fuoco per un guasto elettrico.

Nobu tornò di nuovo in Giappone per poi ripartire per Los Angeles dove lavorò da Mitsuwa e da Osho, una catena di ristoranti giapponesi. Ebbe finalmente la possibilità di lavorare ad un bancone da otto posti dove sperimentò per la prima volta le sue ricette personali, frutto degli studi effettuati nei suoi viaggi pregressi, alcune delle quali divennero capisaldi della sua cucina.

Partì dal ceviche, piatto tipico peruviano, di cui riprese la salsa della marinatura: per evitare che cuocesse troppo il pesce, la sparse sul sashimi appena prima di servire. Questo piatto ebbe un successo incredibile, così come anche il tiradito, tanto che anni dopo il governo peruviano nominò Nobu ambasciatore della cucina peruviana nel mondo.

Nobu ceviche cookingwiththehamster
Lobster ceviche | © cookingwiththehamster
tiradito cookingwiththehamster
Tiradito | © firstwefeast.com

Successivamente fu la volta dei granchi dal guscio morbido, che gustò per la prima volta in un ristorante italiano. Li cucinò in olio profondo e, su suggerimento di un cliente, li mise all'interno di un roll: nacque così il soft shell crab roll.

Nobu soft shell crab roll  cookinungwiththehamster
Soft shell crab roll | © tripadvisor.com

Questi piatti non nacquero solamente dal genio creativo di Nobu ma anche e soprattutto dalla necessità di venire incontro ai gusti degli americani che avevano abitudini completamente diverse e lontanissime rispetto ai giapponesi: per fare apprezzare la cucina nipponica, Nobu comprese fin dall'inizio che doveva procedere per gradi, avvicinandosi al gusto statunitense e creando dei piatti che fossero una via di mezzo tra le culture.

Perciò, quando si rese conto che gli americani amavano pesci dalla consistenza morbida, studiò come fare apprezzare il black cod preparandolo secondo la ricetta del saikyoyaki - pesce marinato tutta la notte nel miso bianco. Dato che procurarsi quel tipo di miso all'epoca era complicato, decise di utilizzare altri ingredienti come zucchero e mirin e poi di grigliare il pesce. Il black cod al miso ebbe un successo incredibile, tanto che successivamente questo tipo di pesce fu introdotto in molte cucine internazionali.

Nobu miso black cod cookingwiththehamster
Nobu miso black cod | © blog.atlantisthepalm.com

Nonostante le cose andassero bene, il proprietario del ristorante vendette e Nobu trovò la forza grazie ad un amico finanziatore di aprire finalmente un ristorante tutto suo su La Cienega Boulevard a Beverly Hills. Nel 1987 aprì i battenti il Matsuhisa, un ristorante piccolo col banco sushi per la proposta omakase, frutto dell'improvvisazione e dello sforzo di capire i gusti e le esigenze dei clienti.

Nobu matsuhisa cookingwiththehamster
Matsuhisa | © instagram.com

Sono numerosi i piatti che Nobu inventò dietro quel banco in quegli anni.

Un giorno servì una donna che non mangiava pesce crudo (usanza comune alla quasi totalità degli americani): Nobu guarnì del sashimi di pesce bianco con olio quasi al punto di fumo e salsa ponzu. Il risultato fu il new style sashimi, leggermente cotto in superficie.

New style sashimi cookingwiththehamster
New style sashimi | © tripadvisor.ch

Poi fu la volta dei ricci fritti in tempura avvolti in foglia di shiso e alga nori, cotti in olio profondo e serviti con limone, sale e pepe a parte.

Uni tempura cookingwiththehamster
Uni tempura | © nobuechopark.blogspot.com

Un giorno un bambino mise in difficoltà lo chef dicendo di mangiare solo pasta: Nobu lavorò dei calamari facendoli sembrare dei conchiglioni (un tipo di pasta) e li saltò in padella con asparagi e funghi shiitake. La pasta di calamari saltata con salsa all'aglio leggera divenne un altro signature dish.

Squid pasta cookingwiththehamster
Squid pasta | © firstwefeast.com

Dal bancone Nobu notò che gli americani mescolavano il wasabi nella salsa di soia prima di immergervi il sashimi. Decise così di unire in una pentola il wasabi in polvere col brodo dashi e la salsa di soia, facendo addensare il tutto con aglio, olio d'oliva (o burro fuso) e pepe nero. Ne risultò la famosa salsa piccante all'aglio usata per guarnire tonno grigliato, pollo e capesante. Piacque così tanto ai clienti che iniziarono a portare il pane al locale per fare la scarpetta!

Chcken and prawns in spicy garlic sauce cookingwiththehamster
Chcken and prawns in spicy garlic sauce | © cookingwiththehamster

Gli statunitensi amavano inoltre consumare l'insalata - in California c'è l'uso di mangiare leggero per mantenere uno stile di vita sano. Nobu decise di aggiungervi fette di tonno scottato e un condimento a base di salsa di soia: nacque così l'insalata di sashimi con condimento Matsuhisa.

Sashimi salad cookingwiththehamster
Sashimi salad | © noburestaurants.com

Un giorno Nobu acquistò un'enorme quantità di tonno. Non potendolo utilizzare tutto per sushi e sashimi decise di cucinarlo come una bistecca che all'apparenza sembrava wagyu. Nessuno prima di quel momento aveva mai proposto il tonno in quel modo negli Usa.

Tuna steak  cookingwiththehamster
Tuna steak | © cookingwiththehamster

Il ristorante Matsuhisa divenne un vero e proprio punto di riferimento a Los Angeles. Cominciarono a recensirlo numerosi giornali e nel 1993 il New York Times lo incluse tra i dieci migliori ristoranti al mondo - nella lista l'unico ristorante giapponese tradizionale era il Kitcho di Kyoto.

Nobu iniziò a servire numerosi clienti illustri come Tom Cruise, Barbra Streisand, Madonna e, nel 1988, anche Robert De Niro che dopo un anno gli chiese di aprire insieme un ristorante a New York. Nobu non ne fu convinto e aspettò il 1994 prima di acconsentire all'apertura del ristorante Nobu a Tribeca.

Nobu De Niro cookingwiththehamster
Nobu e De Niro | © nytimes.com

Si trattava di un ristorante tre volte più grande rispetto al Matsuihisa che prevedeva un menù omakase basato sull'improvvisazione solamente al banco, mentre al tavolo era disponibile un menù prestabilito. Fino al quel momento, inoltre, Nobu aveva proposto come dolce solo frutta fresca (come avviene nella quasi totalità dei ristoranti nipponici tradizionali) ma a Tribeca assunse un pasticcere che creò dolci signature come la bento box: fondente al cioccolato con gelato servito in una scatola laccata.

Chocolate bento box cookingwiththehamster
Chocolate bento box | © tripadvisor.com

Nobu divenne una star, tanto da comparire in film di Hollywood come Casinò di Martin Scorsese (1995) e Austin Powers in Goldmember di Jay Roach (2002).

Nobu in Casino cookingwiththehamster
Nobu in Casino | © gosocial.co
Nobu in Austin Powers cookingwiththehamster
Nobu in Austin Powers | © vitalvegas.com

L'anno 2000 segnò la svolta per quello che riguarda l'italia: Nobu entrò in affari con lo stilista Giorgio Armani, aprendo il ristorante Nobu a Milano. Fu una scelta difficile inizialmente per lo chef, poiché la cucina italiana si basava su tradizioni solide e ben ancorate: non pensava che gli italiani avrebbero apprezzato il pesce crudo ma con sua grande sorpresa i clienti milanesi amarono la sua cucina, come lui stesso riportò nella sua autobiografia pubblicata nel 2014:


Milano accolse con entusiasmo la cucina di Nobu. Qualche anno fa andai a mangiare in un ristorante di pesce appena aperto in città e con mia grande sorpresa mi portarono un piatto molto simile al sashimi. La prima volta che ero stato a Milano nessuno avrebbe mai ordinato del pesce crudo. Chiesi allo chef: <<Adesso a Milano lo mangiate?>> Lui rispose: <<Sta scherzando? Quando ha aperto il suo locale lei ha cambiato la ristorazione in questa città, non lo sapeva?>>
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Nobu e Giorgio Armani | © theoldnow.it


FUSION E AYCE

Nel corso degli anni Nobu allargò sempre di più quello che divenne il suo impero, contando oltre 40 ristoranti in tutto il mondo e alberghi di lusso, nonché un sushi bar su navi da crociera. In ognuno dei suoi locali vi è un menù identico oltre ad alcune portate esclusive realizzate con ingredienti locali e stagionali.

Con la pubblicazione del ricettario Nobu: The Cookbook (2001) ristoratori in ogni angolo del globo iniziarono a copiare alla lettera le sue ricette; spesso furono gli ex chef dei suoi locali a proporre le sue ricette.

Nobu non ha mai amato definire la sua cucina "fusion", sebbene di fatto sarebbe classificabile come tale. Ad ogni modo, il suo genio è stato quello di inventare dei piatti spartiacque che hanno modificato diametralmente gli usi alimentari nel mondo.

Nobu: The Cookbook cookingwiththehamster
Nobu: The Cookbook | © amazon.com
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Nobu West | © amazon.com

E' indubbio che il primo approccio degli europei alla cucina giapponese sia stata di tipo fusion, dal momento che, così come per gli americani, il gusto degli italiani era molto distante da quello giapponese.

Nel caso milanese erano davvero pochi i ristoranti che proponevano una cucina giapponese tradizionale ed erano frequentati principalmente da giapponesi residenti in Italia e uomini di d'affari che viaggiavano continuamente per il mondo - ricordo Tomoyoshi Endo (dal 1970), Poporoya (prima apertura come alimentari nel 1977 e poi primo sushi bar di Milano nel 1984) e Osaka (primo ristorante di ramen a Milano aperto dal 1999).

Purtroppo i prezzi decisamente poco popolari di Nobu non permisero alla maggior parte delle persone di conoscere e gustare i suoi piatti, altri imprenditori di successo riuscirono in questa ardua impresa riprendendo la formula americana degli All You Can Eat e permettendo per la prima volta di fare avvicinare gli italiani alla cucina orientale.

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AYCE | © lamag.com

L'AYCE nacque negli anni '60 nei casinò di Las Vegas, quando a mezzanotte venivano offerti lauti buffet senza limiti. In Italia numerosissimi imprenditori cinesi proposero questa formula, offrendo menù a prezzi stracciati che prevedevano piatti nippo-statunitensi (altrimenti detti "fusion") e pietanze cinesi europerizzate. Fu un vero e proprio boom, una svolta multi-generazionale che coinvolse proprio tutti, intere famiglie incluse.

Si è soliti pensare che il sushi AYCE sia una peculiarità strettamente occidentale, ma in realtà delle formule di sushi a basso costo esistono anche in Giappone da molti anni in versioni "meccanizzate" che hanno avuto fortuna anche da noi all'inizio del '00.

Seguendo l'evoluzione storica, anzitutto bisogna dire che il primo "prototipo" di sushi arrivò in Giappone circa 2000 anni fa dalla Cina. Il "sushi moderno", simile a quello che intendiamo noi oggi, fu realizzato nel Sol Levante intorno al 1800 e nel secondo dopoguerra arrivò ad essere considerato un alimento di lusso - prima di allora veniva venduto solitamente nelle bancarelle per strada.

Durante gli anni '50 Yoshiaki Shiraishi, proprietario di un ristorante di sushi, proprio per cercare di abbattere gli alti costi di questa pietanza e renderla più popolare, inventò un metodo di meccanizzazione di preparazione e servizio. Dopo avere visitato una fabbrica di birra Asahi ed essere rimasto affascinato dai nastri trasportatori, si mise a lavorare al suo progetto personale. Nel 1958 aprì ad Osaka il Mawaru Genroku Sushi, il primo ristorante kaiten al mondo. Ebbe subito fortuna, tanto che nel giro di pochi anni ne aprirono oltre 200 in tutto il Giappone. Ancora oggi molti giapponesi mangiano sushi kaiten, come dimostrano locali sempre pieni come Genki Sushi a Shibuya.

Anche in Italia i sushi kaiten (ovvero col rullo) ebbero molto successo, si reputa che il primo ad aprire fu Zen Sushi.

Tornando al Giappone, negli anni '80 vi fu il celebre boom economico che portò il Paese in vista nei mercati internazionali. Moltissimi giapponesi che erano emigrati già negli anni '60 negli Stati Uniti decisero allora di aprire sushi bar per vendere i propri piatti agli statunitensi.

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Mawaru Genroku Sushi | © tripadvisor.com

Nel corso degli anni tantissimi giapponesi migrarono in California, formando una comunità ben definita. Proprio in questa circostanza negli anni '60 si notarono i primi esperimenti che possiamo definire "fusion". Molti chef svilupparono un tipo di sushi che ebbe un grande successo fin da subito tra gli statunitensi: l'uramaki. Si trattava di una qualità di sushi rovesciato, con il riso esterno (il sapore dell'alga era ritenuta troppo forte dagli americani e non esteticamente piacevole da vedere) riempito con ciò che era facile da acquistare in California purché non fosse pesce crudo - poiché appunto gli americani non lo mangiavano.

La prima preparazione di successo fu il California Roll. Si presume che ad inventarlo negli anni '60 fu lo chef Ichiro Mashita del ristorante Tokyo Kaikan, sostituendo il tonno con l'avocado. In seguito la ricetta fu costituita da cetriolo, surimi e avocado. Dagli anni '80 il California roll divenne un must in tutti gli USA.

In realtà la paternità di questo piatto è contesa anche tra lo chef Ken Seusa del Kin Jo Sushi Restaurant di Hollywood (lo avrebbe inventato nel 1979 e il nome del piatto fu definito da molte riviste di settore tra cui Gourmet Magazine) e lo chef Hidekazu Tojo. Quest'ultimo lo avrebbe inventato nel 1971 una volta trasferitosi a Vancouver, Canada, dando quel nome in onore dei clienti californiani che venivano a mangiare al suo ristorante. Egli avrebbe inoltre inventato il B.C. roll (British Columbia), l'uramaki contenente salmone alla brace e cetriolo con sopra salsa dolce.

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California roll | © angsarap.net
B.C. roll cookingwiththehamster
B.C. roll | © eatthistown.ca

Tra gli uramaki creati in America e che hanno fatto la storia della gastronomia nipponica fusion per anni si ricordano il Phidadelphia roll (salmone fresco o affumicato, formaggio spalmabile Philadelphia, cetriolo o avocado), che può includere anche altri pesci oltre al salmone - la combinazione Philadelphia e avocado era molto in voga come guarnizione dei bagel negli anni '80 negli USA; lo Spider roll (granchio dal guscio morbido, cetriolo, daikon, lattuga, maionese piccante e alga nori esterna), di chiara ispirazione Nobu, il cui nome è usato principalmente negli USA; il Dragon Roll (maionese, gambero in tempura, avocado) e il Rainbow roll, ideato alla fine degli anni '60 a Little Tokyo nella città di Los Angeles.

Philadelphia roll cookingwiththehamster
Philadelphia roll | © pinterest.it
Spider roll cookingwiththehamster
Spider roll | © tripadvisor.com
Dragon roll cookingwiththehamster
Dragon roll | © pinterest.it
Rainbow roll cookingwiththehamster
Rainbow roll | © pinterest.it

E' dunque possibile tracciare due linee di ristorazione nippo-statunitense, una alta rappresentata da Nobu e dagli chef del calibro di Nobuo Fukuda del ristorante Nobuo (qui per il suo documentario) e una che riguarda i ristoranti a basso costo che hanno avuto il merito di fare approcciare la maggior parte della popolazione mondiale alla cucina nipponica.

Del resto, così come nel famoso monologo della cintura de Il diavolo veste Prada, anche nella cucina succede di partire sempre da una base dispersiva per poi arrivare agli approdi più alti. Ciò che conta è risalire la scalata per arrivare al punto di partenza (la cucina washoku, Patrimonio dell'Unesco) e godere della storia e dei sapori.

Ciò che non è chiaro è che sono stati gli chef giapponesi a realizzare queste pietanze nell'arco di molti anni e non altre popolazioni come quella cinese (come si è invece soliti pensare). Non solo i giapponesi migrati negli USA hanno modificato le ricette tradizionali per venire incontro agli statunitensi, ma hanno avuto anche l'ulteriore capacità di realizzare piatti con materie prime di popoli a loro volta emigrati negli Stati Uniti (come dimostrano, ad esempio, i Tacos di sashimi di Nobu - in California infatti c'è una enorme comunità ispanica).

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Tacos | © tripadvisor.com

E se si pensa che le sperimentazioni siano stet fatte da chef giapponesi solo all'estero allora siamo molto lontani dalla realtà. Lasciando perdere in questa sede la grande moltitudine di piatti di origine estera consumati nella quotidianità, continuando a parlare di sushi, bisogna aprire una parentesi anche sul salmone. Sì, perché il sushi al salmone è a tutti gli effetti un'operazione commerciale chiamata Project Japan.

A metà anni '80 la Norvegia dovette fronteggiare una sovrapproduzione di salmone: il governo perciò incaricò Bjorn Erik Olsen per venderlo in Giappone.

Nell'86 Olsen si recò a Tokyo per studiare le abitudini alimentari dei locali circa il pesce crudo e trovò il suo target nel sushi. I giapponesi però non mangiavano salmone crudo per due motivi: non ne amavano l'odore e l'aspetto, il salmone pescato nel Pacifico non era grasso ed era pieno di parassiti.

A Olsen gli ci vollero ben dieci anni prima di a trovare una soluzione e nel 1992 riuscì a vendere tonnellate di salmone norvegese alla Nichirei Corporation, a patto che fosse venduto come sushi.

Il sushi di salmone iniziò ad apparire nei negozi alimentari e durante gli anni '90 anche alla tv nazionale: chef famosi come Yutaka Ishinabe mostrarono questo nuovo tipo di sushi in programmi come Iron Chef, rendendolo popolare anche tra la popolazione.

Oggi i giapponesi mangiano il sushi di salmone ma resta di fatto introvabile nei ristoranti di fascia alta.

Per quello che riguarda l'Italia, soprattutto alcuni tagli di salmone sono molto economici e questo è uno dei motivi per cui tantissimi ristoranti lo propongono. A volte, nel gergo, il salmone viene apostrofato come "il pollo del mare", proprio perché costa poco e ne se trova in grandi quantità.

Bjorn Erik Olsen cookingwiththehamster
Bjorn Erik Olsen | © aikido.no
Bjorn Erik Olsen cookingwiththehamster
Bjorn Erik Olsen | © scandinaviantraveler.com

Oggi va molto di moda parlare di cucina giapponese e dire di frequentare locali autentici, molto più perché grazie ai viaggi low cost le persone possono recarsi in Giappone e provare in prima persona la cucina locale. Ma per tantissimi anni non è stato così e fuori dalle grandi città italiane è ancora difficile trovare ristoranti definibili autentici.

In ultima analisi, bisogna sottolineare che i giapponesi non mangiano sushi tutti i giorni. Esistono ancora oggi catene che propongono sushi a prezzo basso ma quotidianamente i giapponesi non mangiano pesce crudo. Ciò che è ulteriormente interessante è che moltissimi piatti che noi oggi definiamo "tradizionali" a loro volta derivano da cucine estere.: anche all'interno del washoku tante preparazioni derivano da terre lontane, come per esempio il sashimi dalla Cina o la tempura dal Portogallo.

Ai giapponesi va riconosciuta l'incredibile e innata capacità di assimilare il meglio dagli altri popoli e rielaborarlo secondo i loro canoni. La cucina giapponese è un mix di innumerevoli incursioni dall'esterno e per apprezzarla, a mio avviso, va approfondita e giudicata per quello che è.


BIBLIOGRAFIA

- Nobu. L'autobiografia (by Nobuyuki Matsuhisa; HarperCollins, 2019)

- Nobu: the cookbook (by Nobuyuki Matsuhisa ; Kodansha USA Inc, 2013)

- Nobu oggi (by Nobuyuki Matsuhisa; Biblioteca Culinaria, 2014)

- Nobu West (by Nobuyuki Matsuhisa, Mark Edwards; Giunti, 2008)


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