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Neo Kisho

All'ombra del Castello Sforzesco c'è un'osteria giapponese che propone una cucina tradizionale. Questo è Neo Kisho.

Il signor Kazuteru Yonemura dirige Neo Kisho da circa dieci anni, ma la sua esperienza nella ristorazione giapponese in Italia ha radici molto più profonde:


Mi sono distinto più di trent'anni fa a Milano per aver aperto il primo ristorante giapponese in Italia, il famoso Suntury in Via Verdi, nel lontano 1973. Presto saremmo stati pochi a Milano ad offrire una cucina così lontana e raffinata a Milano . E infatti, fino ai primi anni Novanta, oltre a me c'erano solo Poporoya ed Endo. Nel 1999, quando Suntury ha chiuso, ho aperto Kisho in via Morosini, molto apprezzato da Prada e Missoni e, successivamente, Shion sushi & sake bar in Corso Magenta. Infine, ho voluto aprire Neo Kisho basandomi sulle mie esperienze passate, proponendo piatti famosi come il bastone da samurai ma sempre portando avanti la tradizione.

E infatti Yonemura San ha sempre avuto un obiettivo chiaro e preciso:

I miei valori sono l'alta qualità della materia prima, l'ottima preparazione e la cultura della tradizione contro la massificazione e la standardizzazione della cucina giapponese contemporanea, soprattutto in Italia.

Apprezzo moltissimo la sua decisione di aver scelto una chef donna, fatto singolare per un uomo imprenditore così legato alle tradizioni culinarie di un tempo. Sicuramente un'idea molto moderna che si sposa perfettamente con la voglia di voler reinterpretare alcuni piatti del passato. Sempre disponibile al dialogo e in prima linea con i maggiori imprenditori che vogliono investire in un progetto culinario in stile giapponese, Yonemura San offre consulenze - tra cui Giorgio Armani prima dell'apertura del celebre Nobu.


A differenza dell'ambiente, a mio avviso estremamente freddo (non solo minimalista nel senso giapponese), il menù è molto interessante e riporta a quel calore casalingo e rilassato tipico delle taverne giapponesi.

Molto interessante è la lista denominata “passatempo”, dove compaiono nibi-tashi (verdure di stagione bollite in salsa dashi), age dashi-tofu (tofu fritto con salsa dashi), natto, motsu nikomi (trippa di miso), korokke (crocchette di patate giapponesi) con zucca) e tako sumiso (polpo con salsa di miso e aceto). Tra questi piatti c'è anche il già citato bastone da samurai, di cui siamo gentilmente onorati ma che, sinceramente, stona con il resto della preparazione: troppo lontano dalla cultura tradizionale e troppo vicino invece alla fusione. Certamente quando è stato introdotto per la prima volta nel menu anni fa rappresentava qualcosa di nuovo e interessante, ma oggi si distingue dalla massa.

Proseguendo, ci sono diversi tagli di carpaccio e sashimi (il pesce è fresco e buonissimo), sushi (anche nelle varianti più moderne) insalate e tanti piatti caldi tra cui: yakitori, unagi kabayaki (anguilla laccata), tonkatsu, wagyu di Kobe alla griglia a tavola, ishiyaki (riso croccante con manzo e verdure nella ciotola di pietra), udon al curry, katsu don, oyako don e zaru soba.

Nabemono molto interessante (solo su prenotazione): sukiyaki, shabu shabu e yosenabe (zuppa di pesce).

Per pranzo, Neo Kisho offre diversi set, tutti ovviamente di cucina tradizionale.


Io ho deciso però di ordinare il menù dell'omacasè, che propone vari piatti giapponesi cucinati secondo i metodi di preparazione tradizionali, il tutto accompagnato da un ottimo sake freddo.

Il menu inizia con un leggero sashimi di insalata, impreziosito da foglia d'oro. Segue un gustoso brodo caldo tipico di Kyoto, il Kami Nabe, il samurai stick e la Yasai tempura (tempura di verdure miste condite). Continuiamo con il pesce crudo e ci vengono serviti un tris di sashimi (tonno, salmone e branzino) e tre nigiri davvero deliziosi: il branzino al limone e capperi, il salmone leggermente scottato con salsa teriyaki e il nigiri di carne di Kobe. A seguire onigiri, yakitori, sakana no teriyaki (bistecca di salmone in salsa teriyaki) e Yokohama shunmai, tipici gnocchi di carne al vapore di Yokohama, dove risiede una numerosa comunità cinese (non molto ben presentata, queste, ma comunque interessante).

Il dolce viene servito in eleganti cassapanche di ceramica: gelatina ai fiori di sakura, sorbetto al mango e gelato al tè verde (quest'ultimo particolarmente delizioso). Infine, umeshu (liquore alla prugna giapponese).


Sicuramente un ristorante per gli amanti della cucina tradizionale giapponese; Sinceramente voglio provare uno dei nabemono. La qualità della materia prima è molto valida, le portate sono abbondanti ei prezzi sono riferiti al luogo. Da rivedere, come già accennato, l'ambiente e la scelta di voler inserire piatti nati dalla voglia di evolversi: oggi più che mai, Milano vuole riscoprire la tradizione sulle tavole giapponesi (per fortuna). È meglio farlo.


© Cookingwiththehamster




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